14 Settembre, 1999 |
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La morte per malattia di un militare deve essere considerata dipendente da causa di servizio se le strutture sanitarie militari cui egli si è rivolto non sono state in grado di diagnosticare con esattezza la malattia e di curarla. In questo caso la " dipendenza" dal servizio va ricercata non nel rapporto causa-effetto tra il servizio stesso e la malattia sopravvenuta, ma nel fatto che un militare abbia l’obbligo di rivolgersi primariamente ai medici e alla organizzazione sanitaria militare. In altre parola lo Stato, se obbliga i militari a rivolgersi a farsi curare presso ospedali militari, deve assumersi direttamente le conseguenze dell’eventuale cattivo funzionamento di questi. È insomma il disservizio che crea la dipendenza da causa di servizio.
Il diritto alla tutela della salute è
costituzionalmente garantito a tutti i cittadini. Non può passare
in
seconda linea neppure per coloro che sono
assoggettati ai rigidi regolamenti del forze armate. Questo in sostanza
quanto deciso dalla seconda sezione giurisdizionale della Corte dei conti
che in appello haaccolto le richieste del padre di un giovane sottufficiale
dei carabinieri ucciso da un tumore. Nonostante la sintomatologia, numerosi
organismi della sanità militare non erano stati in grado di dare
la diagnosi giusta.
Di conseguenza il giovane carabiniere era
giunto sotto i ferri del chirurgo quando ormai la situazione era già
compromessa. Dopo l’operazione lo sfortunato giovane non si era in pratica
più ripreso, ed era deceduto circa un anno dopo, senza rientrare
praticamente mai in servizio. Aveva fatto in tempo però a inoltrare
domanda di pensione privilegiata, sostenendo che la malattia era conseguente
agli sforzi e ai traumi fisici subiti in servizio. Alla sua morte il padre
aveva ripreso la causa chiedendo la concessione della pensione di reversibilità
del figlio. Cosa negata sia dal ministero della difesa sia, in primo grado,
dalla stessa Corte dei conti che aveva giudicato il caso con la tradizionale
ottica della concatenazione tra il "tipo di servizio prestato" e il "tipo
di male sofferto", per giungere poi alla dichiarazione di non dipendenza
da causa di servizio. Ma i giudici di appello della Corte dei conti non
solo hanno capovolto la decisione, ma l’hanno motivata in modo innovativo.
La "causa" della malattia va individuata nel " servizio" inteso come obbligo
di servirsi di strutture dimostratesi non all’altezza, cioè nella
loro incapacità non solo di curare il male, ma addirittura di diagnosticarlo.
E la sentenza costituisce in questo senso un durissimo atto di accusa.
Nessun accertamento diagnostico è stato prescritto, nessuno ha avuto
il sospetto del tumoreanche se in presenza di sintomi sospetti. Solo quando
si è rivolto ad un ospedale civile il giovane ha potuto ricevere
le cura del caso, ma ormai si era perso troppo tempo. Ora, anche se a distanza
di quasi
quindici anni dall’accaduto, il padre dello
sfortunato sottufficiale potrà ricevere, con arretrati, interessi
e rivalutazione, la reversibilità della pensione del figlio che
se curato in tempo, come si legge nella sentenza,"forse avrebbe potuto
sopravvivere". (25 novembre 1998)
LA CORTE DEI CONTI
Sezione 2 Giurisdizionale Centrale
S E N T E N Z A n° 220/98 del 23 ottobre 1998
nel giudizio d’appello, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Sardegna n.535/M/96 in data 18 aprile/13 settembre 1996, proposto dal Sig. Attilio A. genitore del deceduto allievo sottufficiale dei Carabinieri Sig. Roberto A.,
F A T T 0
La Sezione giurisdizionale per la regione Sardegna
ha respinto il ricorso con cui il Sig. Attilio A, genitore
dell’allievo sottufficiale dei Carabinieri Sig.Roberto A, deceduto in Cagliari
il 12-07-1984, aveva impugnato il decreto del Ministero della difesa -
Dir. Gen. Pensioni n.163 del 17-03-1988, che rigettava l’istanza di pensione
privilegiata di reversibilità per non dipendenza da causa di servizio
dell’infermità "teratoma del testicolo, metastasi multiple, cachessia
neoplastica e collasso cardiocircolatorio" che ha causato la morte del
militare.
I primi giudici hanno motivato il rigetto del ricorso osservando che
non è sufficiente affermare la possibilità che fatti del
servizio abbiano avuto un ruolo concausale nell’insorgenza della malattia,
ma occorre individuare fatti specifici che abbiano avuto la probabilità
e non la mera possibilità di concausa della malattia. Essi hanno
inoltre rilevato che la circostanza invocata a suo tempo dal defunto militare
del trauma subito nel corso di una esercitazione di judo non ha trovato
alcun riscontro. Risulta dagli atti di causa che l’allievo sottufficiale
A. era in servizio nell’Arma dal settembre 1978; ed era stato ricoverato
una prima volta presso l’Ospedale militare di Anzio il 04-02-1982 per "varicocele
sinistro" e dimesso l’11-02-1982 con 20 giorni di licenza straordinaria
di convalescenza per infermità non dipendente da causa di servizio.
Il 03-03-1982, al termine di detta licenza, sottoposto a visita di
controllo presso l’Infermeria I’ BTG. A.S.CC. di Velletri veniva giudicato
idoneo e rientrava al Corpo, con aggregazione alla Stazione CC. di Barisardo
(Nuoro). Il 19-10-1982, visitato dal Dirigente del Serv. San. del 110 BTG.
All .CC di Campobasso, veniva riconosciuto affetto da "tumefazione testicolo
destro" e proposto per 10 giorni di licenza straordinaria di convalescenza
per infermità non dipendente da causa di servizio. Il 22-10-1982,
interrotta detta licenza, veniva ricoverato presso l’Ospedale civile di
Lacco Ameno (Isola di Ischia) ed operato d’urgenza per asportazione del
testicolo destro, con successiva diagnosi di " teratoma maturo del testicolo
con aree di trasformazione in teratocarcinoma"; dimesso dal predetto luogo
di cura il 29-10-1982, otteneva il 30-10-1982 gg.3 di riposo assoluto a
letto per "postumi di intervento chirurgico per idrocele dx con lieve tumefazione
scroto dx; il 2-11-1982 otteneva ulteriori gg. 5 di riposo medico per postumi
idrocele dx;- ricoverato il 5-11-1982 al Centro medico legale di Napoli
per visita di controllo, veniva dimesso con proposta di gg.20 di licenza
straordinaria di convalescenza per "’postumi recente intervento per _idrocele
dx e orchiepididimite dx, infermità non dipendente da c.s". Il 25-11-1982
otteneva 5 gg. di riposo medico et cure domicilio per "post-asportazjone
chirurgica del testicolo dx, distemia discontinua"; il 30-11-1982 otteneva
ulteriori gg.5 dì riposo medico; il 4-12-1982 veniva ricoverato
all’ O.M. di Cagliari e dimesso con 40 gg. di licenza straordinaria per
postumi di intervento di ablazione del testicolo dx per teratoma con aree
di anaplasia", infermità non dipendente da c.s. La licenza di convalescenza
veniva prorogata di altri 40 gg., ma era interrotta il 3-03-1933 per ricovero
nell’Ospedale civile oncologico di Cagliari. Il 3-08-1983, trasferito all’
O.M. di Cagliari veniva dimesso, temporaneamente non idoneo per gg .90,
per gli stessi "postumi" da infermità non dipendente da causa di
servizio Seguono ulteriori ricoveri ed altrettante licenze straordinarie
(per la medesima infermità, dichiarata non dipendente da causa di
servizio) ciascuna di gg.90, sino al 12-07-1984, data del decesso nel Centro
oncologico di Cagliari. Il 20-02-1983 l’A. aveva presentato domanda di
riconoscimento della dipendente da causa di servizio dell’infermità
"postumi di intervento di ablazione del testicolo destro per teratoma con
anaplasia in atto". (Omissis),
L’appellante Sig. Attilio A. deduce la carenza e contraddittorietà della motivazione, poiché quest’ultima ignora completamente i pareri favorevoli al riconoscimento della dipendente da causa di servizio della infermità ed atteso che i traumi riportati in servizio non sono stati mai esclusi, pur nella loro ordinaria fattualità, come probabile concausa.
Si conclude per l’accoglimento dell’appello con totale riforma della sentenza. Il Ministro della difesa (Dir. gen. delle pensioni), nella memoria. difensiva inviata eccepisce l’inammissibilità dell’appello, trattandosi di questione di fatto che esula dalla competenza del giudice di 2° grado.
DIRITTO
(Omissis)
Nel merito del proposto appello va esaminata la denunciata illegittimità della sentenza di primo grado per insufficiente e contraddittoria motivazione quanto alla pronuncia di rigetto del ricorso. La sentenza impugnata fonda il convincimento dei primi giudici sul parere formulato dalla Commissione medico legale presso l’Ospedale militare di Cagliari in data 8 giugno 1993, il quale a sua volta contrasta il parere positivo reso dalla Commissione medica di seconda istanza presso la regione Militare della Sardegna, in data 6 giugno 1984, sulla interdipendenza della grave causa del decesso dell’allievo sottufficiale. (Omissis)
Orbene, i fatti documentati concernenti l’excursus della malattia ed il quadro clinico patologico della stessa presentavano all’esame dei giudici di prima istanza l’insorgere dei primi sintomi sin dal 4 febbraio 1982, allorché il Sig. Roberto A. venne ricoverato presso l’O.M. di Anzio e riconosciuto affetto da ‘"varicocele sinistro", con la concessione di 20 giorni di licenza straordinaria per convalescenza. Tale non breve licenza era stata evidentemente concessa in considerazione della entità della patologia riscontrata, ma non fece sorgere alcun dubbio sulla vera natura dell’infermità, quando è ed era notorio che ogni alterazione dei testicoli di giovani di età compresa tra i 25 ed i 35 anni può essere il sintomo di un processo canceroso. Il 19 ottobre 1982, visitato dal dirigente sanitario del 2° battaglione All. CC di Campobasso veniva inviato in licenza dì convalescenza di 10 giorni per "tumefazione testicolo dx". Anche questo ulteriore, grave ed eloquente sintomo non comportava altra indagine clinica da parte delle Autorità sanitarie militari. A distanza di appena tre giorni, il 22 ottobre 1982, l’A. veniva ricoverato ed operato d’urgenza presso l’Ospedale civile di Lacco Ameno, quando ormai il processo canceroso era già in avanzata fase. Questi fatti non sono stati presi in considerazione né dalla Commissione medica ospedaliera di Cagliari (6 giugno 1984), né dal C.P.P.O. (29 gennaio 1988), né dalla Commissione medico legale presso l’O.M. di Cagliari (8 giugno 1993), né infine dai giudici di primo grado. Eppure la motivazione della impugnata sentenza si dilunga sulla circostanza del mancato riscontro documentale del trauma subito durante l’esercitazione di judo e sulla non incidenza concausale dei traumi, atteso che tale incidenza deve presentarsi come probabile e non solo come possibile.
Nessuna considerazione viene rivolta dalla motivazione della Sezione giudicante, e dalle consulenze medico-legali che ne costituiscono il fondamento, all’altra circostanza del primo, grave sintomo del male manifestatosi all’inizio del 1982. (Omissis)
E’ invero fondamentale dato di fatto, non preso
in considerazione dalla sentenza appellata (come dalle consulenze tecniche
medico-legali), che intercorsero ben otto mesi. tra l’insorgere del primo
sospetto sintomo e l’intervento chirurgico ormai inevitabile eseguito da
un presidio sanitario civile. Di contro, i referti sanitari militari susseguitisi
nel tempo, prima e dopo tale evento appaiono costantemente preoccupati
ad evidenziare che tutte le progressive manifestazioni patologiche non
presentavano alcuna dipendenza dal servizio. In definitiva, la motivazione
della sentenza di prime cure appare carente per non aver preso in considerazione
il fattore tempo nell’evolversi della letale infermità e nell’esatto
accertamento diagnostico della stessa, ma presenta anche una intima contraddizione
logica allorché si prospetta l’incidenza statistica del carcinoma
al testicolo in una determinata fascia di età, senza chiedersi perché
una sintomatologia subito ritenuta gravissima dall’Ospedale civile di Lacco
Ameno, era stata sin dall’inizio sottovalutata e, sostanzialmente, non
fatta oggetto di indagine clinica dalle autorità sanitarie militari.
Se solo le manifestazioni flogistica e di tumefazione dolente del testicolo
fossero state prese in considerazione nel febbraio 1982, e fossero stati
eseguiti tempestivamente accertamenti diagnostici - come il caso avrebbe
dovuto suggerire in base alle cognizioni oncologiche della scienza medica
forse l’allievo sottufficiale A. sarebbe potuto sopravvivere. Gli illustrati
fatti e circostanze risultano dall’esame dello stato matricolare e caratteristico
dell’A., ma ad essi nessuna importanza è stata attribuita dalla
pronuncia dei primi giudici e dalle consulenze medico-legali recepito.
Tutto ciò fa ritenere che l’infermità, divenuta letale, è
da collegare, eziologicamente al servizio prestato dal carabiniere e che
la sentenza di rigetto è da
riformare totalmente perché viziata da carenza e contraddittorietà
di motivazione, con conseguente riconoscimento all’appellante genitore
Sig. Attilio A. di trattamento pensionistico privilegiato di reversibilità
(omissis), a far tempo dal 19 luglio 1984, giorno del decesso dell’a.s.u.
carabiniere Roberto A.
Sui ratei arretrati del predetto trattamento
pensionistico privilegiato indiretto decorrono, sino all’effettivo pagamento,
la rivalutazione monetaria e gli interessi a norma di legge. Non si fa
luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.
In accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza in epigrafe, e previa riforma totale della medesima, dichiara il diritto dell’appellante Sig. Attilio A. a trattamento pensionistico privilegiato di reversibilità.
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