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Veron@ quotidiano - edizione del  17 novembre 2001

Derby alla melassa

di Alberto Tomiolo
candidato sindaco di Verona
 
 
Scrivo a sette giorni dal derby.
Ho appena finito di ascoltare il sindaco alla radio.
Radio 1 Rai, trasmissione "Radio Anch'io", speciale sport del lunedì.
La Sironi disquisisce con Sandro Ciotti sull'inno di Mameli.
"Con quale motivazione ha chiesto che venga cantato prima della partita?"
"Perché è il derby".
Quale sia il nesso logico tra domanda e risposta rimane un mistero, ma forse perché da una vita tifo per i "mussi" e allora mi sfugge qualcosa.
Non mi sfugge, però, che a Verona qualcosa di strano è accaduto nello spazio di un'estate.
L'ultima volta che avevo incontrato la Sironi era stato pochi mesi fa, in primavera, proprio in uno studio radiofonico e proprio per parlare di calcio. Argomento: i cori razzisti al Bentegodi.
Michela era fresca reduce dalla campagna anti-Rai a seguito del caso Marsiglia.
Lunedì, invece, chiocciava alla radio di Stato. Complimenti dai giornalisti, complimenti dagli ascoltatori che ringraziavano il sindaco di Verona per la sua italianità.
Sembrano passati mille anni.
E' bastato poco per far dimenticare i manichini impiccati, i bu-bu razzisti, le botte allo stadio. Adesso è un'altra Verona e anche i tifosi sono cambiati.
Il sindaco vorrebbe farli cantare felici che "schiavi di Roma" (terza in classifica, 16 punti) Iddio ci creò.
Iddio ce ne scampi.
 
Inganno l'attesa del derby curiosando nel forum dei lettori sul sito del Chievo.
Vengo subito tramortito dalla poesia di un tifoso-prototipo, come quelli mostrati in TV negli ultimi mesi di servizi sulla squadra della Diga. Cito solo gli ultimi tre versi: "Siam felici con un niente / un po' come da bambini / grazie ai nostri pandorini".
Dopo tanto candore, qualche messaggio velenoso di supporter dell'Hellas mi riporta alla realtà.
Un tifoso del Verona rinfaccia il furto dei simboli: "ci avete rubato Cangrande" (sbagliato, Cangrande non è mai stato nel simbolo dell'Hellas).
Un "mussetto" gli risponde, ma, ahimè, è una risposta da quadrupede.
"Voi come simbolo avete la scala che propriamente è del Comune". No, caro clivense, la Scala oggi rappresenta la Provincia.
 
Forse anch'io ero rimasto impaniato in questa Verona da libro "Cuore", dove da qualche settimana si stanno recitando le storie più incredibili, come quella di Corini, novello Garrone, che butta fuori la palla perché l'arbitro l'aveva immeritatamente assegnata al Chievo.
Il definitivo ritorno al passato, quando vivevamo in una città un po' più carogna, prosegue in un bar. Scopro di essere entrato nella sede di un calcio club gialloblù quando noto una vignetta un po' spinta: un mastino con la maglia dell'Hellas che sodomizza un somarello sponsorizzato Paluani. Titolo: "Vola adesso, dai!".
 
Finalmente, guardandomi intorno, mi accorgo che non è cambiato niente.
E allora dico a me stesso e a quelli che come me temevano di affogare nella melassa, di stare tranquilli: entro poche settimane, forse pochi giorni, sarà tutto finito.
Non vorrete mica dirmi che non si udiranno più i cori razzisti, che non ci si pesterà più allo stadio, che non saranno più trasmessi servizi TV sui veronesi buzzurri, che il Chievo resterà primo in classifica fino all'ultima di campionato?
Uno o più di questi eventi si avvererà presto e Verona ed i veronesi torneranno quelli di sempre.
E se così non fosse il Chievo non sarebbe più da tifare come una squadra, ma da adorare come un Dio, capace di fare miracoli e di trasformare la città in un posto migliore in cui vivere.
 
 
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