Secondo recenti stime il turismo, nel giro di 20 è anni, è
destinato a conoscere un formidabile sviluppo e a superare i 2.500 milioni
di euro di fatturato. In Italia esso oggi vale 70 mila milioni di euro
e conta oltre 300 mila imprese che danno lavoro a più di due milioni
di persone.
Per un Paese che, come il nostro, non ha risorse di rilievo nel sottosuolo,
si tratta dunque di una realtà di straordinario spessore, che se
adeguatamente sfruttata potrebbe valere quanto il petrolio per gli Stati
mediorientali. Purtroppo però, l'impegno a livello amministrativo
per incentivare veramente il settore e gli attori che ne sono protagonisti
è sempre stato modesto, insufficiente a mettere in moto quei meccanismi
che consentirebbero ai nostri territori di acquisire un ruolo dominante
e di catalizzare l'attenzione e gli "appetiti" dei potenziali visitatori
di tutto il mondo.
Il turismo è un prodotto molto complesso diversificato, strettamente
legato al territorio, che merita particolari cure in quanto contenitore
di valori diversi ma che nell'insieme fanno dell'offerta turistica qualcosa
di unico al mondo per cultura, tradizioni, ambiente e qualità di
vita. Il nostro è il Paese dei mille turismi, dell'offerta diversificata
capace di soddisfare e cogliere qualsiasi tipo di esigenza. Per questo
sarebbe indispensabile creare un modello di sviluppo che sappia valorizzare
queste potenzialità e risorse affinché tutte le tipologie
di imprese diventino parte attiva di uno sviluppo nel segno della qualità.
E invece chi governa, sia a livello centrale che locale, ha fatto e
fa poco o niente. Anzi, non di rado si attinge dal settore, anziché
investirvi, per sostenere altri comparti. Oppure si creano vincoli normativi
e ostacoli burocratici che soffocano le aziende togliendo la voglia di
investire.
Ma il turismo è uno straordinario strumento di crescita e di
ricchezza in grado di garantire, attraverso l'indotto, benessere collettivo
anche ai settori collegati e persino a quelli che non lo sono. Come emerge
dalla ricerca sui benefici assicurati dal Festival lirico recentemente
presentata a Verona, l'evento areniano, da solo, "regala" ogni anno alla
nostra provincia qualcosa come 500 milioni di euro.
E allora cosa si aspetta a puntare decisamente su questo comparto per
costruire le fortune del nostro Paese? Perché, anche nel Sud,
invece che insistere nel promuovere insediamenti industriali e incentivare
attività ormaoi obsolete non si lavora sodo per realizzare la "California
d'Italia"? I tempi sono maturi per dare fiato a progetti che potrebbero
risolvere i problemi del Mezzogiorno coinvolgendo gli imprenditori locali
e dando vita a nuovi posti di lavoro.
Gli altri Stati hanno capito da tempo che l'oro del terzo millennio
si chiama turismo e si sono adeguati ai tempi che cambiano. In Spagna,
Francia, Germania, ma anche all'Est e fuori dal Vecchio Continente, si
sono messi in moto meccanismi tali da far lievitare l'economia turistica.
Da noi questo cambio di velocità non è ancora avvenuto.
E' il caso di muoversi in fretta per non rischiare di restare tagliati
fuori dalla spartizione della torta più ricca e golosa degli anni
2000 quella, appunto, del turismo.