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Giovedì 20 Febbraio, il Senato, con un consenso pressoché
unanime, ha votato la modifica all'art. 51 della Costituzione, aggiungendovi
un 2° comma: "La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le
pari opportunità tra donne e uomini nell'accesso a uffici pubblici
e cariche elettive". Stefania Prestigiacomo, il ministro che è riuscito
a portare a termine il doppio iter parlamentare, dichiara soddisfatta che
è stato raggiunto un grande traguardo che, in concreto, rafforza
la presenza delle donne in Parlamento e nelle Amministrazioni locali. Ora
la modifica va recepita dalle Leggi Elettorali e dai Partiti, anche nei
meccanismi di selezione delle candidature, per permettere alle donne di
avere accesso a tutte le competizioni, da quelle Comunali fino a quelle
Europee.
La rappresentanza politica femminile in Italia è molto bassa
rispetto agli altri Paesi Europei e addirittura ad alcuni Paesi Africani
come il Congo e il Mozambico. Eppure dal giorno in cui sono state ammesse
le donne al voto, nel 1946, di strada se n'è compiuta ed è
stato fatto un altro passo in avanti che fissa un obiettivo sostanziale:
più forte presenza delle donne in politica. Per raggiungerlo gli
Organi competenti, in primis le Regioni, devono dotarsi di idonei strumenti.
Attualmente solo il 9,2% sono le donne presenti in Parlamento, mentre nelle
Regioni e nelle Province la percentuale è dell'11,6% e nei Comuni
sensibilmente più alta.
I motivi di questa assenza femminile nelle istituzioni sono più
che altro dovuti a fattori di natura socio-culturale; per modificarli occorre
molto tempo in quanto essi investono la coscienza collettiva.
Si tratta di cambiare una "mentalità" frutto di un retaggio
storico sensibilizzando l'opinione pubblica con adeguate campagne e misure
concrete e di promuovere l'impegno sociale e civico della donna che in
molti ambiti eccelle, come quello educativo, assistenziale, lavorativo
e imprenditoriale, e di trasferirlo nella politica la quale, grazie alle
esperienze e alle ricchezze femminili, può trarne grande vantaggio
per un ri-equilibrio partecipativo della politica stessa.
E' pur vero che "il campo di lavoro" è diverso, ma le donne
sono in Italia il 52% dell'elettorato e hanno il diritto-dovere di rappresentare
le istanze e le sensibilità della loro base, la quale deve peraltro
supportare con convinzione le proprie elette; convinzione non maturata
perché si tende ancora a considerare l'uomo come il legittimo protagonista
della gestione dello Stato. Queste ed altre difficoltà oggettive
hanno causato un allontanamento delle donne dalla politica tradizionale,
quasi una sorta di autoesclusione".
"L'attuale sistema maggioritario (in Italia è in parte misto)
accompagnandosi ad un sistema uninominale, implica campagne elettorali
fatte di scontri e di pubblicità spesso sleale, per cui le candidate
hanno necessità di una forte rete di sostegno che spesso manca;
questo sistema tende così ad escludere forze che sono ai margini
della politica, quindi non solo le donne, ma anche i giovani e gli anziani",
sono le considerazioni del Ministro di Giustizia francese Elisabeth Guigon.
Eppure le donne impegnate, specie nelle amministrazioni locali, hanno
approcci e soluzioni più immediate rispetto ai problemi quotidiani
della gente e non amano disperdersi in dispute spesso inconcludenti, ma
agire con rapidità ed efficacia; inoltre prediligono una dimensione
più umana e concreta della gestione della cosa pubblica, rispondendo
al bisogno dei cittadini di mantenere i contatti con coloro che li rappresentano.
Con l'integrazione dell'art. 51 della Costituzione, anche se si dovrà
attendere per forme attuative vere e proprie, il mondo politico ha recepito
queste esigenze.
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