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Veron@ quotidiano - edizione del 17 giugno 2003


 

Il crescendo di Sirchia

di Roberto Buttura
 
Il Ministro della Salute, due anni fa all'inizio del mandato, era partito in quinta. Le sue affermazioni avevano suscitato, com'era giusto che fosse a seconda delle propensioni, attese, timori, ansie.
Da cosiddetto tecnico prestato alla politica, aveva stroncato alcune parti del decreto Bindi, protestando contro la burocratizzazione del  ruolo del medico (quindi anche del proprio), promettendo di cambiare moltissime cose.
Probabilmente gli fischiavano nelle orecchie le cretinate elettorali promesse da Berlusconi (i poveri potranno andare a curarsi nelle case di cura private come i ricchi), le confuse proposte di Bossi sulla cosiddetta "devoluscion" e le dichiarazioni di "primo della classe" ragionier Tremonti, che dimostrava da subito la netta volontà di essere il "fasso tuto mì".
Da allora, l'avventura ministeriale di Sirchia è assomigliata più ad un percorso in un campo di battaglia. Le imboscate e le mine, organizzate ed innescate più dagli amici che dagli avversari alle quali con una certa dose di sconsideratezza egli pure si è prestato, non si contano.
Non c'è stata iniziativa, seppure timida, che sia riuscita a tagliare il traguardo. I suoi cavalli di battaglia come l'eliminazione della libera professione medica come prevista dal decreto Bindi (che riteniamo pure noi sciagurata), lotta alle liste d'attesa, il fondo per gli anziani non autosufficienti, la riforma degli  istituti di ricerca e di cura a carattere scientifico (Irccs), il decreto anti truffe, sono colati a picco ingloriosamente.
A turno o insieme, colleghi ministri (Tremonti, Bossi ed ora Fini, in testa), i partiti centralisti, autonomisti, autoritaristi, devoluzionisti della Casa delle libertà, Regioni di destra o sinistra o centro, sindacati confederali o medici o altro, università amanti dell'autonomia o meno, hanno provveduto a smorzare fino ad annullare le convinzioni di politica sanitaria, tramutate in strumenti legislativi, del ministro.
Sirchia ha leccato le ferite inferte al suo amor proprio consolandosi con le battaglie contro il fumo, sulla buona morte compresa quella dei cani e l'avvenuta adozione (non l'approvazione definitiva) del Piano sanitario nazionale, continuando nel suo inconsapevole (e sbagliato) ruolo di "opinionista", anziché di primo responsabile politico della tutela del diritto alla salute.
Perfino sulle questioni su cui può trovare consenso, ad esempio il problema della reintroduzione dei consigli d'amministrazione, non è andato al di là di alcune dichiarazioni che anziché chiarire i motivi della proposta l'hanno ingarbugliata ancora di più.
Ottimista, egli ha dichiarato in un'intervista pubblicata su un autorevole giornale dedicato alla sanità di aver avuto qualche problema durante il primo anno di ministero "perché non capivo ancora bene come funzionava la macchina. Poi ho cominciato a rendermi conto e, per così dire, mi sono perfezionato."
Purtroppo, pochi giorni dopo a smentire la sua soddisfazione e a ribadire la sua incapacità di capire il proprio ruolo ci hanno pensato le Regioni e il solito ragionier Tremonti. Le prime, approvando un documento sull'assistenza farmaceutica senza nemmeno consultarlo. Il secondo, non solo facendolo proprio ma incontrando le Regioni stesse per discutere e decidere insieme sul da farsi.
Il Ministro della Salute è intervenuto nel dibattito informando in un lettera di essere contrario a molte delle proposte regionali.
Domanda: qualcuno ne ha tenuto conto?
Nel frattempo, ed è la cosa che più importa, il Servizio Sanitario Nazionale che, pur con le sue ombre rimane una struttura complessivamente valida, sta andando a rotoli priva di una strategia di salvaguardia e di sviluppo organizzativo, tecnologico e professionale dotata di adeguati investimenti finanziari di medio e lungo termine.
Questo stato di cose mortifica e demotiva la prima e più importante risorsa, il personale, che nell'attuale stato d'abbandono rischia di perdere l'amore per la propria straordinaria professione.
Questo stato di cose verrà a pesare sempre di più sui cittadini destinati a ritrovarsi con una qualità dei servizi sempre più scadente a cui risponderanno, contrariamente agli illusi, con il "si salvi chi può" già in corso in risposta alle lista d'attesa molte vergognose ed ingiustificabili per qualità e lunghezza.
Infine, che tutto questo accada con il cosiddetto ministro tecnico, anzi medico, prestato alla pubblica amministrazione che quando non sa che pesci pigliare si scaglia contro la politica, affermando due righe d'intervista dopo di essere un iscritto di Forza Italia, ci sembra francamente insopportabile.
 

 
 
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